Sentenza n. 193 del 01.02.2024 – 29.04.2024 , Corte d’Appello di L’Aquila.
QUESTIONE: Se il giudice penale abbia o meno il potere/dovere di disapplicare il provvedimento amministrativo del c.d. “foglio di via obbligatorio” sul presupposto che lo stesso risulti privo di motivazione in ordine al giudizio di pericolosità, che, nel caso di specie, è stato fondato dal Questore sul semplice riscontro della reiterazione da parte del prevenuto all’esecuzione di quelle attività che è nota come “gioco delle tre carte o delle tre campanelle”.
La Corte d’Appello di L’aquila, con la sentenza in esame, ha stabilito che << il giudice penale è investito del dovere di valutare la legittimità del provvedimento amministrativo (e in particolare quello previsto dall’art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011) che applica una misura di prevenzione quando sia chiamato a giudicare della violazione alle prescrizioni che esso impartisce.
Nemmeno è dubbio che, allora, debba procedere a disapplicare detto provvedimento (nell’esercizio del generale potere che è attribuito all’autorità giudiziaria ordinaria dall’art. 4 dell’Allegato E, legge 2248/1865) laddove rilevi illegittimità dello stesso, fermo restando che non gli è consentito di effettuare una rivalutazione del giudizio di pericolosità espresso dal provvedimento stesso, essendo esclusivamente consentita la verifica della conformità del provvedimento medesimo alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi di fatto da cui viene riassunto il giudizio di pericolosità >>.
Sulla base di tale premessa, pertanto, la Corte d’Appello di L’Aquila ha ritenuto di censurare il giudizio di pericolosità formulato dal Questore di Chieti in relazione ad un’attività (il c.d. “gioco delle tre carte o delle tre campanelle“) che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (v. Cass. Pen., n. 26321/2020), non integra alcuna fattispecie delittuosa1 e rispetto al quale non risulta soddisfacentemente motivata la valenza di turbativa della sicurezza o della tranquillità pubblica.
- in ragione del fatto che la condotta del soggetto che dirige il gioco non realizza alcun artificio o raggiro ma costituisce una caratteristica del gico che rientra nell’ambito dei fatti notori, sempre che all’abilità e alla destrezza di chi segue il gico non si aggiunga anche una fraudolenta attività del medesimo (v. ex multis Cass. Pen., Sez. II, n. 48159/2019) ↩︎
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